Come non essere fieri di presentarvi in esclusiva su internet il racconto integrale dell' appassionante recupero della 746038 grazie all'autorizzazione del Amministratore del CIFI, il Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani. Il testo originale fu pubblicato sul numero di Agosto 1956 di "La Tecnica Professionale" raccontando quello che ebbe luogo durante l'inverno 1956, un evento, un capolavoro di ingegneria più che un semplice "ricupero" come si diceva allora, data la complessità dell'accaduto e la sua situazione per lo meno insolita.
Prima di proseguire, ringrazio vivamente per l'amichevole e generosa autorizzazione La Segreteria Generale del CIFI, l'Amministratore del CIFI. Senza di loro la ripubblicazione su internet di quell'articolo corredato delle foto dell'epoca non avrebbe ovviamente avuto luogo. Come indicato sotto, l'articolo fu scritto allora dall'Ing. Mario Raimondi, il quale non soltanto ha descritto con molta precisione tutte le tappe dell'impressionante recupero ma ha anche saputo farne un racconto coinvolgente.
Ricupero della locomotiva 746.038 caduta in mare fra le stazioni di Ortona e Tollo Canosa
MARIO RAIMONDI
N.d. R.
La schematica esposizione del ricupero della locomotiva a vapore n. 746.038, che cortesemente il dr. Ing. Raimondi ha ritenuto di mandare alla nostra Rivista, sarà certamente seguita con molto interesse da tutti i Lettori che apprezzeranno al giusto valore l’opera che dirigenti, tecnici e maestranze dei due Servizi della Trazione e dei Lavori hanno saputo realizzare in condizioni che sono indubbiamente da considerarsi eccezionali. La “Tecnica Professionale” desidera esprimere a tutti il suo apprezzamento. Un ringraziamento particolare rivolge all’ing. Tomesani che dopo avere contribuito largamente per la parte Lavori all’esito dell’operazione ha gentilmente messo a disposizione dell’Autore gli elementi di sua competenza.
La notte del 25 febbraio 1956, a causa di un imprevedibile crollo di massi e materiale sciolto dalla scarpata a monte della ferrovia conseguente ad eccezionali vicende atmosferiche particolarmente sfavorevoli (scioglimento di neve, pioggia abbondante) prolungatesi nel tempo, sul binario di corsa della linea adriatica e precisamente al Km. 368+500 fra le stazioni di Ortona e Tollo Canosa, la locomotiva 746.038 effettuante il treno 450 da Foggia a Pescara sviava sulla destra, nel senso della marcia, per investimento del materiale ingombrante la sede allorchè la sua velocità era di 60Km/h.
Nell’occorso si verificava lo sgancio degli organi di attacco fra tender e prima carrozza, cosicchè locomotiva e tender, rimasti liberi e per l’energia di moto posseduta, superavano l’adiacente scogliera lato mare e andavano ad affondare parzialmente nell’arenile, quella notte battuto da una violenta mareggiata. (fig.1).
Da un primo esame complesso locomotiva-tender, risultò che questo non aveva subito, almeno apparentemente, eccessivi danni e quindi conveniva addivenire ad un integrale ricupero.
Un successivo e più dettagliato esame della situazione mise però chiaramente in evidenza le notevoli difficoltà che si sarebbero presentate per realizzare quanto sopra.
Infatti la locomotiva trovavasi affondata nella sabbia per circa un metro, inclinata sulla destra per circa 12° e con la parte anteriore immersa nell’acqua fino all’altezza dei respingenti.
Il tender, rimasto attaccato alla locomotiva, era anch’esso fortemente inclinato sulla destra ed i suoi carrelli giacevano uno sull’arenile e l’altro sulla scogliera.
Il traversone anteriore della locomotiva distava dall’asse del binario di corsa 28 metri, il traversone posteriore del tender metri 10,50 (fig.2), il dislivello da superare per riportare la locomotiva sul binario di corsa era di metri 4,52.
Inoltre le condizioni atmosferiche avevano assunto un carattere di avversità tale per cui le onde del mare investivano con violenza la locomotiva insabbiandola sempre più.
La località in cui avvenne il sinistro e le sue immediate adiacenze non permettevano la sistemazione, neppure provvisoria, di un cantiere di lavoro per assoluta mancanza di spazio, né era possibile l’accesso dalla strada statale inquantochè questa passava molto distante ed occorreva inoltre superare una erta zona collinosa.
Per i lavori necessari si utilizzò il carro attrezzi sussidiario del Deposito locomotive di Ancona che, con l’aggiunta di un bagagliaio attrezzato a dormitorio, fu sistemato in un binario dello scalo merci della Stazione di Ortona. Il personale ed i materiali di impiego venivano avviati da Ortona sul posto del ricupero a mezzo di carrelli e quadricicli del Servizio Lavoratori.
Dopo alcuni sondaggi del terreno sottostante alla locomotiva 746.038, fortunatamente risultato di buona consistenza, fu stabilito di effettuare il ricupero in due fasi: in primo luogo il ricupero del tender e dei suoi carrelli, in secondo luogo il ricupero della locomotiva.
Per quest’ultima, però, erano state avanzate alcune riserve e cioè solo dopo che la locomotiva fosse stata alzata tanto da permettere la calibratura degli assi, si sarebbe potuto stabilire se era possibile il suo ricupero d’insieme. In altre parole occorreva acquisire la certezza cha la locomotiva, una volta trainata sul binario di corsa, avrebbe potuto circolare senza probabilità di svio; in caso contrario si sarebbe dovuto procedere a smontare sul posto le varie parti e ricuperarle singolarmente.
Il ricupero del tender avvenne sollevandolo dapprima di circa 60 cm. per mezzo di binde ad asta dentata da 10 tonn., poi, sistemato sotto il telaio un castello di traverse, fu spostato ed adagiato su una campata di binario previa interposizione di due carrellini di armamento solidamente fissati al telaio.
Nel frattempo gli agenti del Servizio Lavori avevano realizzato, aprendosi la strada tra la scogliera, una rampa di raccordo sulla quale venne impiantato un binario provvisorio. Tale binario, con una pendenza di circa 180°/ₒₒ, venne raccordato con la campata già predisposta sotto il tender.
Per mezzo di paranco da 20 tonn., saldamente ancorato, il tender venne trainato lentamente lungo la rampa fino al suo termine. Successivamente, approfittando di un intervallo in linea, venne scollegato il binario di corsa in corrispondenza di una giunzione e, mediante palanchini, spostato e raccordato al binario provvisorio della rampa.
Dei due carrelli del tender, uno fu ricuperato e trainato ad Ortona essendo in grado di circolare con i propri assi, l’altro fu demolito sul posto non potendo circolare per eccessiva svergolatura degli assi.
Molto più arduo si presentava ore il ricupero della locomotiva che, tra l’altro era inavvicinabile per le pessime condizioni del mare.
Fu allora deciso di costruire una scogliera di protezione a sviluppo semicircolare costituita da vari ordini sovrapposti di gabbioni riempiti con massotti e pietrame e sistemati in modo da costituire uno sbarramento sul quale si sarebbero infrante le onde del mare.
Un sufficiente tamponamento dei gabbioni alla penetrazione dell’acqua all’interno della coronella così costruita, si ottenne intasando i gabbioni con sabbia.
Per la realizzazione di quanto sopra esposto occorsero 181 gabbioni posti in opera dal personale del Servizio Lavori e numerosi carri di materiale per riempimento.
Terminata la costruzione della scogliera di protezione, si passò al raddrizzamento della locomotiva piazzando sotto il sostegno del settore della distribuzione della parte destra una binda a cassetta da 10 tonn. appoggiandola su un castelletto di traverse in croce a gruppi di tre.
Tale operazione fu ardua ed estremamente faticosa poiché si svolse in una zona dove l’acqua del mare, infiltratasi attraverso la scogliera, stagnava con notevole intralcio per l’esecuzione delle operazioni previste. Sollevata la locomotiva di circa metri 1,60 dalla posizione primitiva, si passò alla sua parte anteriore piazzando sotto il traversone due binde da 60 tonn. ciascuna lavoranti in parallelo.
In tal modo la locomotiva fu alzata anteriormente di metri 2,30 dalla sua pozione iniziale ed appoggiata su un solido castello di traverse di legno. Sempre per mezzo di binde, fu sollevata anche dalla parte posteriore di cm. 90 ed adagiata su altro castello di traverse.
A tal punto si rese possibile la calibratura degli assi, elemento questo, come prima detto, indispensabile per stabilire l’ulteriore corso delle operazioni di ricupero. Esaminato il parallelismo dei cerchioni misurando le distanze tra le facce interne in 4 punti tra loro spostati di 90°, furono rilevate differenze comprese tra 5 e 20 m/m e cioè di gran lunga superiori all’1,5°/ₒₒ ammesso come tolleranza in servizio. Considerata però la bassissima velocità con la quale sarebbe stata trainata la locomotiva e l’andamento planimetrico, prevalentemente rettilineo, della linea ferroviaria da Ortona a Pescara, fu deciso di procedere nelle operazioni di ricupero completo della locomotiva.
Fu allora iniziato il lavoro di smontaggio di tutto il biellismo sia esterno che interno, lavoro questo riuscito particolarmente gravoso soprattutto in considerazione del fatto che gli assi, rimasti immersi nell’acqua del mare per lungo tempo, avevano i fusi ossidati in maniera tale da opporre una forte resistenza alla loro rotazione.
Resi in tal modo liberi gli assi fra loro, fu proceduto a collocarvi sotto una campata di binario, precedentemente costruita a lato della locomotiva e varata di fianco, sulla quale fu fatta posare la locomotiva.
Facendo uso di binde e palanchini, la locomotiva venne mossa ed avviata su un tronco di binario in prosieguo di quello già esistente sotto gli assi e terminante ai piedi della scogliera.
In tal modo la locomotiva era stata allontanata dalla zona critica ove, da un momento all’altro, l’acqua avrebbe potuto nuovamente sommergerla allorchè il mare si fosse fatto più minaccioso.
Inoltre la locomotiva trovavasi ora con la sua parte posteriore ai piedi della scogliera e quindi occorreva solo spostarla angolarmente in modo da portare il suo asse longitudinale nella stessa direzione dell’asse di un nuovo binario di rampa avente caratteristiche diverse da quello precedentemente costruito per il ricupero del tender.
Tale binario aveva infatti aveva una pendenza molto più dolce (circa 100°/ₒₒ), una lunghezza di 18 metri ed era appoggiato su una solida massicciata costituita da massotti ben stipati e pietrisco.
Mentre il personale del Servizio Lavori era intento al completamento del binario della rampa, il personale tecnico del Servizio Trazione provvide a spostare angolarmente la locomotiva. Ciò fu realizzato mediante un appoggio a forma di arco e costituito da traverse di legno sulle quali erano state sistemate due rotaie ben ingrassate. Su queste venne adagiato il telaio del carrello anteriore della locomotiva dopo averla alzata una seconda volta. Con un sistema combinato di binde e di paranco e ferma restando la sua parte posteriore, la locomotiva venne portata nella giusta direzione del piano inclinato (fig.3).
Sotto i suoi assi fu sistemata una campata di binario e questa fu raccordata alla rampa.
Furono poi disincrostate tutte le boccole dall’argilla e sabbia essiccate, fu proceduto ad una abbondante e razionale lubrificazione di tutti gli organi del rodiggio e furono tolte via tutte quelle parti più o meno danneggiate che avrebbero costituito un impedimento per il traino della locomotiva e per la sua circolazione in linea.
A tal punto la locomotiva era pronta per il traino.
Utilizzando un intervallo della durata di circa 2 ore sull’orario circolazione treni, il personale del Servizio Lavori raccordò, mediante spostamento laterale, il binario di corsa con il binario della rampa.
Si venne così ad ottenere un binario che prendeva inizio dal ruotino anteriore della locomotiva 746.038 e, risalendo sulla scogliera, proseguiva dopo un’ampia curva fino a raggiungere il tracciato del binario di corsa (fig.4).
La sua lunghezza totale, e cioè fino al termine della curva, era di metri 48. Di maggior lunghezza e quindi con più dolce pendenza non era possibile realizzarlo per la presenza di un portale T.E. che costituiva un ostacolo allo spostamento del binario di corsa.
D’altra parte, secondo calcoli eseguiti in precedenza alla costruzione del binario della rampa, fu constatato che la pendenza del 100/ₒₒ, e cioè quella realizzata, sarebbe stata agevolmente superata, impiegando uno sforzo di trazione che, considerata la componente del peso della locomotiva 746.038 dovuta al piano inclinato e la resistenza passiva dovuta agli attriti, avrebbe raggiunto il valore di circa 15.000 kg.
Utilizzando due locomotive gruppo 735 fra loro accoppiate e fatte avanzare su un breve tratto del binario della rampa, si completò il collegamento con la locomotiva 746.038 per mezzo di un cavo di acciaio lungo metri 10 e del diametro di 60 m/m resistente ad uno sforzo di trazione di 40 tonn. Ad evitare che, durante le operazioni di traino sul binario della rampa, la locomotiva potesse discendere su tale piano inclinato, con conseguenze facilmente immaginabili, per la accidentale rottura o del cavo da 40 tonn. o degli organi di trazione della prima locomotiva trainante, fu adottata una adeguata misura di sicurezza. Essa consistè nel seguire da ambo i lati la locomotiva 746.038 con calzatoie di legno (una per ruota) tenute da ciascun agente.
Per poter meglio seguire la locomotiva e per evitare eventuali incidenti al personale incaricato, le suddette calzatoie furono munite di un manico di legno lungo circa 50 cm. sporgente verso l’esterno ed impugnato dall’agente preposto alla calzatura.
Con un tiro dolce e ben regolato la locomotiva 746.038 venne trainata senza alcun inconveniente e, avviata sul binario di corsa, raggiunse felicemente la stazione di Ortona.
L’insieme delle operazioni dall’inizio della interruzione alla riattivazione del binario di corsa, fu compiuto nel giro di un’ora.
Successivamente la locomotiva venne trainata a Pescara e, dopo un opportuno condizionamento eseguito nel locale Deposito locomotive, venne inviata alle Officine di Verona.
I lavori di ricupero della locomotiva 746.038, iniziati il giorno 06 marzo 1956, terminarono il giorno 5 aprile 1956 ma, in effetti, detti lavori furono svolti in tre fasi e precisamente dal 06 al 10 marzo, dal 26 al 31 marzo e dal 8 al 5 aprile inquantochè si resero necessarie delle interruzioni a causa delle avverse condizioni atmosferiche (neve, freddo intenso, piogge, mareggiate, ecc.).
Dal personale del Servizio Trazione furono perciò impiegate 14 giornate per complessive 935 ore lavorative.
Il personale del Servizio Lavori impiegò, per la parte di sua competenza, complessive 332 ore lavorative.
Il ricupero di cui si è detto, pur non potendo essere inserito in un quadro di realizzazioni di carattere eccezionale, sembra possa essere senz’altro apprezzato per le non lievi difficoltà tecniche superate sia nella fase di preparazione che in quella esecutiva.
Un vivo elogio va rivolto a tutte le maestranze che vi hanno partecipato e che, con infaticabile opera ed encomiabile spirito di sacrificio, hanno reso realizzabile quel progetto che in un primo tempo era apparso inattuabile.
Il testo è stato riprodotto fedelmente con i termini in uso a quell'epoca. Un grande ringraziamento a C.M. per il tempo dedicato.
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